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venerdì 18 febbraio 2011

Kaczynski, la Polonia e le ipotesi del complotto sovietico.

Lech Kaczynski, un uomo scomodo – Tutti riconoscono che Kaczynski è stato uno dei politici più controversi d’Europa. Eletto presidente della Polonia nel 2005, dopo una campagna elettorale improntata alla difesa dei valori nazionali e di un stato forte, il leader del partito ultraconservatore PiS (Prawo i Sprawiedliwosc, in italiano Legge e Giustizia) nomina nel 2006 il fratello gemello Jaroslaw (dal quale si distingue solo per un neo alla sinistra del naso) premier, dando vita a quella che sarà definita sardonicamente come “repubblica monozigote”. Populismo, nazionalismo, cattolicesimo, anti-comunismo ed euroscetticismo sono le coordinate entro le quali si colloca la Polonia nell’era Kaczynski.Lech è molto abile ad incarnare il sentimento di identità nazionale polacca, che pure riconosce nella Russia e nella Germania i nemici storici della Polonia . Rinfocolando quel rancore mai sopito nella popolazione del Lebensraum, terra di confine compresa tra le due superpotenze, Kaczynski conquista la simpatia di molti polacchi, conquistando l’elettorato tradizionalista e quello delle zone rurali. Il presidente mal sopporta anche la comunità gay: da sindaco di Varsavia impedisce che nel 2002 si tenga il Gay Pride; tramite il ministero della Pubblica Istruzione vieta la “diffusione del comportamento omosessuale” a scuola. Le sue ossessioni omofobiche lo porteranno ad incassare persino una condanna dalla Corte europea. Da convinto anti-comunista (secondo solo a Berlusconi) e al grido di “lotta alla Russia” avvia un vero e proprio programma di decomunistizzazionedella Polonia , dando il via nel 2007 alla “lustracja”: 700000 polacchi devono rispondere ad un questionario sulla loro eventuale collaborazione con il regime sovietico. L’iniziativa viene tuttavia bocciata dalla Corte Costituzionale.Appoggiando con determinazione i governi antisovietici, Lech Kaczynski instaura stretti rapporti con Georgia ed Ucraina, convinto che una Nato più forte possa scoraggiare la Russia dal riaffermare la propria influenza sull’est europeo. Lech Kaczynski è stato tra i più pertinaci sostenitori dello scudo spaziale americano in Polonia , tanto odiato dai sovietici. Da euroscettico osteggia la leadership tedesca, minaccia con il diritto di veto, cerca di far valere il peso della Polonia (fino ad invocarne i tanti caduti come valore aggiunto), non entra nell’eurozona e non adotta il trattato di Lisbona, pur ratificato dal suo stesso parlamento. Alla luce di tutto questo Lech Kaczynski si dimostra sine dubio una vera e propria spina nel fianco tanto ad Ovest quanto più ad Est. Un personalità sulla quale si continuerà a discutere animatamente per ironia del caso anche sulla data del funerale o sul luogo della sepoltura.


La complessa situazione geopolitica ed il fantasma di una seconda guerra fredda – Scrive Panebianco sul Corriere “Le paure di Varsavia nei confronti dell’imperialismo russo, alimentate da una memoria che non può essere cancellata, sono esasperate dalla scelta tedesca di un matrimonio di interessi con la Russia di Putin e Medvedev. I Paesi dell’est, Polonia in testa, sono sempre meno sicuri che l’Unione (europea) sia capace di dare loro adeguata protezione ed una solidarietà non solo formale a fronte dei periodici ruggiti dell’orso russo”. Le immature democrazie post-sovietiche temono un possibile risveglio del gigante rosso e non trovano nell’UE sufficiente rassicurazione. Ora è alquanto evidente “l’indebolimento del ruolo politico degli Stati Uniti”e diviene sempre più profonda la rottura dell’asse franco-tedesco che assicurava la continuità del processo di europeizzazione dei paesi dell’est . In quest’ottica è da connotarsi anche l’affermazione di movimenti ultraconservatori e nazionalisti (come il PiS dei Kaczynski in Polonia o, più recentemente, il Fidesz e il Jobbik in Ungheria) che ben si radicano in uno scenario di insicurezza generalizzata nell’area post-sovietica. L’orso russo s’è destato dal letargo e cerca di riappropriarsi della propria influenza oltre gli Urali. Stiamo assistendo ad un cambiamento dello scenario geopolitico, un rollback in orbita sovietica, accompagnato al fallimento delle politiche di contenimento della Russia: dell’asse filo-atlantico resiste solo la Georgia (per quanto ancora?). La Russia si riprende, dopo l’Ucraina, anche il Kirghizistan, dove si trova la base di Manas (logisticamente fondamentale per la tenuta della campagna USA in Afghanistan) che i sovietici non tanto velatamente hanno intenzione di togliere agli Stati Uniti. Gli accordi Start-1 e Start-2 tra Washington e Mosca, volti alla riduzione degli armamenti nucleari, sembrano sempre più false partenze. Il governo russo ha emesso una dichiarazione unilaterale con la quale pone una condicio sine qua non per la finalizzazione del nuovo accordo Start: il nuovo scudo Usa non deve minacciare la capacità deterrente del potenziale nucleare russo. Questa dichiarazione ha acceso gli animi dei repubblicani che non sono convinti della reale disponibilità di Medvedev allo Start-2.


Ma Obama li rassicura dicendo che lo scudo non è da intendersi in chiave anti-sovietica, ma anti-Iran (che al momento ancora non ha armi nucleari). La morte di Kaczynski potrebbe far saltare il protocollo, firmato poche settimane fa tra USA e Varsavia, che prevede l’installazione in Polonia dei missili balistici Patriot.Un altro problema non secondario, anzi fondamentale, è la smania russa di consolidare ulteriormente il controllo sulle risorse energetiche in Asia centrale. Nuovi accordi con Kazakistan e Turkmenistan (maggiori produttori di gas naturale nella regione) e la dipendenza energetica dell’Europa rafforzano inevitabilmente il Cremlino. La ritrovata sintonia tra Russia e Germania sancita dall’inaugurazione della costruzione del gasdotto NordStream, ne è la prova. L’asse Berlino-Mosca ed il gasdotto baltico indeboliscono proprio i paesi dell’Est, perché viene sostanzialmente impedito loro di sfruttare una fonte di ricchezza imponderabile. Nel contempo la povera Polonia deve salutare oltre al suo establishment (passato misteriosamente a miglior vita) anche la costruzione dello Yamal II, che avrebbe affiancato e raddoppiato la capienza del gasdotto Yamal (che unisce Russia ad Europa via Polonia). Nonostante il NordStream sia di vitale importanza per l’UE, il consorzio che ne gestisce la costruzione è di proprietà per il 51% della Gazprom (dunque di Mosca) e per il 49% dei tedeschi della E.On. e della Wintershall.
Ipotesi di complotto – L’animo dei polacchi è a buon diritto diffidente, ne hanno passate tante nel corso dei secoli. Ultima sciagura in ordine temporale è quella della caduta del Tupolev Tu-154 che trasportava l’ossatura dello stato polacco, presidente in testa, alla commemorazione delle vittime dei sovietici nel 1939 a Katyn. L’incidente ha qualcosa di strano, come può essere per qualsiasi incidente aereo di per sè. Ma perchè s’erano recati proprio a Katyn? In verità alcuni giorni prima v’era stata una cerimonia commerativa ufficiale alla presenza del premier polacco Donald Tusk e del corrispettivo russo Vladimir Putin (sì, quello del lettone). Questo evento ha una valenza storica non indifferente, poichè è di fatto la prima volta che un leader russo partecipa a questa celebrazione che ricorda l’eccidio sovietico: un nuovo step nel percorso di disgelo russo-polacco intrapreso da Tusk. Ma Kaczynski e molti altri rigettano la posizione debole di Tuck e preferiscono andare a Katyn per una cerimonia privata e priva della delegazione russa. Giammai con i russi! Fatale gli fu questo motto interiore e foriera di morte la Russia stessa. Non voglio credere, e persuadere nessuno a farlo, nel complotto, ma degli elementi di incongruità, è inutile negarlo, vi sono. Sicurame s’è creata anche una congiuntura geopolitica tale che, oltre la solidarietà di circostanza, la morte di Kazcynski appare quasi “caduta dal cielo” (come il suo aereo del resto). A Mosca era indubbiamente odiatissimo ed era considerato un vicino scomodo, spiccatamente filo-americano e geneticamente anti-russo. I russi sostengono che l’incidente sia stato determinato da “un errore da parte dell’equipaggio durante le manovre di atterraggio” all’aeroporto di Smolensk. Morto Kaczynski entra in carica Bronislaw Komorowski, Maresciallo del Sejm (equiparabile al nostro Presidente della Camera), che, a differenza del presidente, è stato a lungo alleato di Mosca. Ricapitoliamo l’accaduto: un aereo di fabbricazione russa, di recente totalmente revisionato con successo (ce lo assicura il russo Alexei Gusev, direttore generale della russa Aviaktor Factory) in Russia (a Samara), con dei noti anti-russi polacchi a bordo precipita in Russia, quando questi dovevano recarsi a commemorare 22000 ufficiali polacchi anti-russi, uccisi dai russi (che davano la colpa ai nazisti), perchè nessuna ricucitura con la Russia era ammissibile. Farà luce sull’accaduto un’inchiesta ovviamente russa. Beffa del destino? Il fatto che l’aereo è stato revisionato nel dicembre 2009 e sembrava essere in perfetto stato è dire tutto e niente. Ma molti sono convinti che non sia difficile manomettere un altimetro (cosa che può causare concreti problemi a chi è costretto a navigare a vista). Un altro particolare fatale è che l’aeroporto di Smolensk non è dotato di uno speciale radar anti-nebbia comune in Occidente. La pista non era visibile per la nebbia e questo radar, che non c’era, sarebbe servito per finalizzare l’atterraggio. Dei bambini, che giocavano lì vicino, hanno riferito che l’aereo ha volato per diverso tempo molto basso, prima di cadere. Alcuni hanno riferito di aver sentito distintamente due esplosioni. Già due esplosioni! Ora, non sono esperto di esplosioni, ma mi sorgono spontaneamente delle domande. Cosa può averle determinate? Il carburante. Ed era sufficiente il carburante in serbatoio per determinare due esplosioni e disintegrare completamente l’aereo, di cui si conservano solo frammenti e parti delle ali e dei reattori? I frammenti dell’aereo, tra l’altro, sono stati trovati per diverse miglia intorno al luogo della caduta. Il New York Times ci dice che l’inchiesta russa verte sulla possibilità che Lech Kaczynski abbia fatto pressioni sul pilota per atterrare ugualmente, nonostante le condizioni fossero proibitive.


Ma è intervenuto il procuratore polacco Andrzej Seremet a smentire seccamente la ricostruzione russa: non vi sono al momento delle indicazioni tali che lascino concludere che i piloti del Tupolev abbiano subito pressioni per atterrare, nonostante le condizioni avverse. Anche la sbobinatura delle scatole nere ha escluso categoricamente che siano state esercitate delle pressioni sui piloti, affinchè atterrassero ugualmente, incuranti delle condizioni meteorologiche sfavorevoli. Il fatto che si siano tentati anche quattro atterraggi prima del tragico epilogo è anomalo, in quanto, di solito, tre sono le prove consentite in queste condizioni climatiche, poi si cambia sede d’atterraggio.Così non è stato. Staremo a vedere gli esiti delle inchieste in corso, memori del fatto che “Medved capisce che la Guerra Fredda è finita, Putin ancora no”. L’unica cosa che Putin potrebbe fare per allontanare l’ombra di ogni sospetto sarebbe quella di far partecipare attivamente la Polonia alle indagini. Sul Times si propone di “invitare esperti polacchi a essere partecipi e testimoni di ogni aspetto delle indagini”, ricordando “Come il massacro di Katyn e la morte del generale Sikorski, l’incidente Smolensk verrà a rappresentare un’altra pietra miliare nella tragica storia della Polonia . L’orrore di Katyn è stato nascosto per mezzo secolo dietro le menzogne sovietiche; il destino di Sikorski è stata oscurato, per troppo tempo, dal segreto britannico. Questa volta la Polonia dovrebbe avere il diritto di decidere che cosa è realmente accaduto”. Con buona pace di Kaczynski la Russia potrà aggiungere al pallottoliere anche la Polonia, dopo l’Ucraina ed il Kirghizistan. E al di là delle fantasie del complotto o dell’incidente si ha la concreta sensazione che qualcosa sia inesorabilmente mutato.

Tratto da: http://www.caffenews.it/?p=7833

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