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giovedì 3 marzo 2011

Belgrado, crocevia strategico della Nuova Europa



Vladimir Putin ha programmato per il 23 marzo - una data simbolica: la vigilia della dodicesima ricorrenza dell’inizio dell’aggressione della Nato contro il cuore dei Balcani - una sua visita a Belgrado.
L’annuncio ha preso di contropiede il governo filoatlantico di Belgrado: l’iniziativa unilaterale di Putin rappresenta un problema politico e diplomatico. Putin non viene certo per fare del turismo. E questa visita preoccupa anche Bruxelles e soprattutto Washington, perché una nuova tempesta distruttiva sta arrivando dalle “rivoluzioni” nei paesi arabi, una situazione che potenzia la presenza della politica russa energetica in Europa: ora sono a rischio il gas e il petrolio del nord Africa.
La visita di Putin servirà a risolvere il sospetto russo che il governo serbo, instabile e filoatlantico, possa non rispettare i contratti firmati con Mosca. Si tratta soprattutto del contratto per il gasdotto South Stream, la cui costruzione dovrebbe iniziare in Serbia nel 2012. Un accordo, quello South Stream, siglato a Soci il 15 maggio 2009, in presenza di Vladimir Putin e di Silvio Berlusconi, tra le compagnie di gas della Russia, d’Italia, della Bulgaria, della Serbia e della Grecia.
È noto che gli Usa cercano di bloccare la creazione del South Stream che rappresenta il nuovo “braccio meridionale” della notevole rete energetica euro-russa. In teoria promuovono il loro gasdotto Nabucco privo però di fonti d’approvvigionamento perché la Russia ha firmato già due anni fa contratti a lungo termine relativi all’acquisto e al trasporto del gas con Azerbaigian, Kazakistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Sono gli stessi paesi dai quali si prevedevano gli approvvigionamenti per il Nabucco americano che ora è rimasto senza queste risorse. Agli americani rimane ora solo l’Iran, ma si sa quali siano i loro rapporti... A meno che non si programmi un’invasione atlantica dell’Iran.
In ogni caso il gasdotto Nabucco è un fantasma. Con l’Ue forzata a pagare tutte le spese di questo progetto anche se non si sa da chi acquistare il gas. Uzbekistan, Kazakistan e Turkmenistan si sono rifiutati di firmare l’atto negoziale relativo presentato alla conferenza tenutasi a Praga l’8 maggio 2010: il sostegno all’iniziativa Nabucco è stato da loro ritenuto un progetto antirusso.
Non potendo più realizzare il Nabucco gli atlantici cercano comunque di impedire la costruzione del South Stream in Serbia, temendo che Belgrado possa diventare un partner chiave della Russia nei Balcani. Con tale ostruzionismo, gli Usa cercano anche d’impedire il rischio di un più solido partenariato strategico euro-russo.
Il problema degli atlantici sta anche nel fatto che i cittadini della Serbia non condividono le tendenze atlantiste del governo serbo e vogliono la collaborazione con la Russia. Ed è indubbio che Putin ricorderà alla dirigenza politica serba che la costruzione del South Stream rafforzerebbe i rapporti d’amicizia tra i due paesi garantendo alla Serbia la stabilità energetica, non soltanto con il gasdotto ma anche con i depositi di Banatski Dvor con capacità di 3,2 miliardi di tonnellate di combustibile liquido-gassoso e con profitti sulle tasse di transito per oltre 200 milioni di euro all’anno.
La posizione strategica della Serbia è centrale nei Balcani. Non a caso le vie di comunicazione più importanti tra l’Occidente e l’Oriente attraversano la Serbia sin dai tempi dell’antica “via militaris” che controllava il Danubio. La presenza russa in Serbia turba i piani atlantici di occupazione economica, militare e politica del crocevia di Belgrado, peraltro già sfumati dopo la mancata firma, a suo tempo, dell’accordo di Rambouillet. Un accordo che i serbi non vollero allora giustamente firmare e che ora gli americani cercano di ottenere coartando l’attuale debole ma compiacente governo filoamericano.

di: Dragan Mraovic

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