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venerdì 24 giugno 2011

Italia: il golpe “democratico” contro il nucleare


Mi accollo volentieri le proteste di chi asserisce che non c’è una linea guida in Stampa Libera. In effetti la linea ci viene data di attimo in attimo dall’evoluzione delle cose ed ancor più dall’accumularsi della conoscenza. Credete che ci sia una convinzione sicura in cui rifugiarsi e che al tempo stesso comporti e preveda una presenza attiva nella società magmatica ed instabile in cui viviamo? Credo che il nostro sia e debba essere fino alla fine dei nostri giorni, un costante esercizio critico, di conoscenza, di giudizio e di nuovo di adeguamento della nostra conoscenza e di nuovo di giudizio. Come un equilibrista su di una corda riesce a stare in piedi, così noi con il nostro bagaglio di conoscenza riusciremo a comprendere ciò che succede attorno a noi. Il nostro equilibrio ci conserverà ritti.

Posto quindi questa articolo tratto da Movisol di L. LaRouche. Lo titolerei: E il grande vecchio della speculazione italiana se la ride sotto i baffi.

Pur non cambiando convinzione circa l’opportunità o meno del nucleare per il motivo già descritto nel precedente articolo, mi sento però a disagio nel godere del risultato che abbiamo ottenuto, insieme all’anglo De Benedetti…
LB

14 giugno 2011 (MoviSol) – Il referendum anti-nucleare che si è tenuto il 12-13 giugno in Italia è il tipico esempio di come un moto popolare (lo “sciopero di massa” di cui parla LaRouche) possa essere trasformato in una rivolta giacobina. In un periodo di giusto fermento contro politiche economiche fallite, contro la disoccupazione e la perdita di speranza per il futuro, chi credeva che il voto potesse servire a mandare un messaggio alla classe politica è stato invece portato a compiere una scelta catastrofica sull’energia.

Oltre il 90 per cento degli elettori che hanno votato ha respinto il nucleare, assicurando che in Italia non se ne parli per almeno un decennio. A urne calde, Berlusconi ha già annunciato la svolta a favore delle “rinnovabili”.

Il popolo italiano è stato raggirato e indotto a sostenere una crociata organizzata dalla fazione anglofila il cui rappresentante di spicco è il finanziere Carlo De Benedetti. Il referendum non è stato organizzato “dal basso”, ma dall’alto, da uno dei cavalli della scuderia dell’ingegnere, Di Pietro. Come abbiamo spesso denunciato sul questo sito, l’agenda di De Benedetti è di deindustrializzare l’Italia. Il fatto che egli possieda la più grande impresa di energie rinnovabili è solo un predicato di una politica che segue l’istinto di una specie, quella oligarchica.

In questo modo l’Italia rinuncia al progresso tecnologico fondamentale e si condanna ad un futuro di energia scarsa e costosa. Oltre ad essere inferiori in termini tecnici, le rinnovabili non sono sufficienti neanche lontanamente a soddisfare il fabbisogno energetico di un paese avanzato, come sa benissimo chi osteggia il progresso economico nel nome dell’”equilibrio” o della decrescita. Si è approfittato del disastro naturale dello tsunami in Giappone per disseminare falsità a non finire sull’energia nucleare, riempiendo televisioni, giornali e manifesti elettorali con la propaganda pura. Il risultato è stato una psicosi anti-scientifica collettiva che ora il Paese pagherà per molti anni a venire, proprio come successe dopo il referendum del 1987, organizzato allo stesso modo.

Gli altri quesiti referendari hanno contribuito a confondere l’opinione pubblica e a far credere che fosse un referendum per liberarci del Cavaliere. Il quesito sull’acqua, benché poco chiaro in termini legislativi, è stato oggetto di una forte sensibilità popolare. Questa protesta contro la politica delle privatizzazioni però va vista come un messaggio forte ad entrambi gli schieramenti politici; infatti spesso il Pd scavalca sia Berlusconi che Ferrara nelle liberalizzazioni. Il vero cambiamento nelle condizioni di vita passa per una politica di intervento statale a favore delle attività produttive e delle tecnologie avanzate, come quello attuato da Franklin D. Roosevelt negli anni Trenta, e non per il fanatico mercatismo dell’Unione Europea e del FMI.
L’istituto del referendum dovrebbe essere usato solo in casi importanti come una nuova costituzione, o provvedimenti analoghi. Questo gli italiani l’avevano capito, bocciando ogni referendum dal 1996 ad oggi. La propaganda alla Goebbels su Fukushima li ha convinti che si trattasse di vita o di morte. Ma quando veramente di questo si tratta, come nel caso dell’Euro e del Trattato di Lisbona, gli organizzatori della “volontà popolare” si guardano bene dal chiamare il popolo a votare.

Tratto da: http://www.stampalibera.com/?p=27773

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