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giovedì 30 giugno 2011

TAV in Val di Susa, facciamo chiarezza


Intervista di Fabio Polese a Marco Cedolin per il quotidiano Rinascita.

I recenti avvisi di garanzia che in questo periodo sono stati recapitati ad una sessantina di persone che si battono contro il Treno ad Alta Velocità in Val di Susa, unitamente agli annunci concernenti la prossima apertura del cantiere di Chiomonte, hanno riacceso i riflettori sulla questione. Per discutere su una battaglia che stanno portando avanti - ormai da quasi 20 anni - molti abitanti della zona, abbiamo incontrato Marco Cedolin, autore di “T.A.V. in Val di Susa – Un buio tunnel nella democrazia”, edito da Arianna Editrice e parte integrante del movimento denominato “No T.A.V.”.

Cedolin, ci spieghi le motivazioni che vi spingono quotidianamente a scendere nei boschi e a bloccare fisicamente i lavori per la costruzione del Treno ad Alta Velocità con il rischio dell’incolumità fisica e penale…

La Val di Susa è una valle alpina larga mediamente 1,5 km, all’interno della quale corrono una ferrovia internazionale a doppio binario, il cui ammodernamento è terminato un anno fa, un’autostrada, la cui costruzione è stata completata nel 2000, due statali, alcune strade provinciali e un fiume. Il fondovalle è già oggi simile ad una colata di cemento senza soluzione di continuità e immaginare la presenza di una nuova infrastruttura delle dimensioni e degli impatti di una linea ad alta velocità sarebbe semplicemente pura follia.....

Negli anni 90 i cittadini sono stati costretti a sopportare, obtorto collo, la profonda devastazione del territorio conseguente alla costruzione di una nuova autostrada, con la motivazione che l’infrastruttura fosse giustificata dal proponimento di “togliere” i TIR dai paesi.

La costruzione dell’autostrada non era ancora terminata e già la “banda del tondino e del cemento” aveva iniziato a progettare il TAV che avrebbe dovuto togliere quegli stessi TIR dall’autostrada appena costruita, per metterli sui treni. La popolazione ha subito percepito il profondo cortocircuito logico e dopo essere stata presa per il naso una volta ha deciso di non porgere l’altra guancia.

Ma è possibile che un movimento popolare come il “No T.A.V.” non abbia aiuti e pressioni da parte di partiti o singoli politici italiani? Come è organizzato questo movimento?

Il movimento NO TAV è composto da migliaia di cittadini, di ogni estrazione sociale e dalle simpatie politiche più svariate. I cittadini sono organizzati in Comitati, in linea generale uno per ogni paese. Le decisioni vengono prese nel corso di coordinamenti ai quali partecipano esponenti di tutti i comitati e poi, qualora si tratti di decisioni di una certa importanza, portate in un’assemblea popolare alla quale può partecipare chiunque, dove verranno approvate o bocciate.
I partiti, da sempre, tentano di mettere il cappello su qualunque lotta popolare possegga una qualche potenzialità di visibilità mediatica. Nel caso di quella contro il TAV in Val di Susa, rimasta a lungo sulle prime pagine dei giornali, si è trattato senza dubbio di una “torta” quanto mai ambita. Ci hanno provato soprattutto i partiti della cosiddetta sinistra radicale, che nel 2005 hanno sostenuto, mai manovrato perché i cittadini gli hanno sempre impedito di farlo, la lotta della popolazione. Raccogliendo poi una valanga di voti alle elezioni del 2006, su programmi elettorali rigorosamente contrari all’alta velocità. Una volta saliti al governo hanno poi disatteso il mandato degli elettori, arrivando a firmare il dodecalogo di Prodi che di fatto sponsorizzava il TAV. E alla tornata elettorale successiva sono stati pesantemente puniti, mentre è stato premiato il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, oggetto di un voto plebiscitario ed attualmente parte integrante del movimento NO TAV alla stregua di qualsiasi altro comitato, senza però alcuna velleità di governarne le decisioni.
Dietro al movimento NO TAV, se la cosa non fosse chiara, ci sono i cittadini della Val di Susa.

Sta affermando che il movimento “No T.A.V.” è a tutti gli effetti una “lotta di popolo”?

Senza ombra di dubbio, una lotta che nasce dal popolo, coinvolge il popolo e viene portata avanti dal popolo in completa autonomia. Se il leader di un partito o di un’associazione ambientalista vuole portare solidarietà è sempre il benvenuto, come può esserlo un uomo di musica o di sport, ma i partiti politici hanno ormai compreso appieno che il movimento NON TAV si “governa da solo”.

Quanto costerebbe la realizzazione del T.A.V. per i contribuenti italiani? Che ruolo hanno le lobbie dei costruttori?

Nelle stime portate da coloro che propongono l’opera, il Tav in Val di Susa dovrebbe costare fra i 15 ed i 20 miliardi di euro. Se si applica a tali previsioni iniziali l’incremento medio (300% rispetto alla previsione) di costo rilevato nella costruzione di tutte le tratte TAV in Italia, si può ragionevolmente parlare di una sessantina di miliardi di euro. Che i contribuenti italiani saranno chiamati a pagare sotto forma di debito pubblico nei decenni a venire, a fronte di un’opera che perfino Marco Ponti (economista di fama e probabilmente maggior esperto italiano in tema di trasporti) ha definito inutile e priva di qualsiasi prospettiva di ritorno economico. Le lobby dei costruttori hanno un ruolo subalterno a quelle della finanza, ma con un mare di denaro come quello in oggetto si prospetta un desco dove ci sarà da mangiare per tutti, dalle grandi banche ai grandi gruppi industriali, per non parlare delle cooperative rosse, con in testa la CMC appaltatrice dei lavori per il tunnel geognostico oggetto della contesa di Chiomonte.

Bartolomeo Giachino, sottosegretario ai trasporti, ha dichiarato che nel piano della logistica per la crescita economica del paese il “Corridoio 5” è fondamentale. Potrebbe realmente essere una valida alternativa al trasporto su gomma?

Bartolomeo Giachino non ha studiato bene la questione, ma poco importa, perché il lavoro del politico e quello d’imbonire l’interlocutore e non d’informarlo. Il fantomatico Corridoio 5 altro non è che una linea tracciata sulla cartina geografica, oltretutto dalla valenza molto scarsa. Gli esperti di trasporti hanno più volte sottolineato come i traffici ovest – est siano in larga parte interni ai singoli stati e non transfrontalieri ed il volume di traffico sull’asse Lisbona – Kiev non sia tale, neppure in prospettiva, da giustificare un’infrastruttura di questo genere. Così come hanno ribadito che un’eventuale corridoio ovest – est dovrebbe per logica correre a nord delle Alpi, dove la conformazione morfologica del territorio è ideale e non scendere in Italia bucando le montagne con gallerie di 50 km, per poi tornare a Nord attraversando il Carso. Oltretutto Giachino, non avendo studiato, non sa che per quanto concerne l’Italia il Corridoio 5 esiste già. In Val di Susa esiste una ferrovia internazionale ammodernata di recente, sulla quale potrebbero venire caricate merci a profusione. Il problema è che le merci da caricare non ci sono (dal momento che viaggiano su direttrici nord – sud e non est – ovest) e la ferrovia “nuova fiammante” della Val di Susa è sfruttata a meno del 30% delle sue potenzialità.

Qual è la situazione che se respira in questi giorni?
Una situazione di attesa. La politica e gli industriali hanno promesso un assalto all’arma bianca e la militarizzazione del territorio. I cittadini aspettano, fiduciosi del fatto che se anche con l’uso della violenza le forze dell’ordine riuscissero a sgomberare la popolazione e prendere possesso dei terreni, torneranno a riprenderseli in decine di migliaia, come già accaduto nel 2005.

Secondo lei cosa si prepara nel futuro?

Sicuramente un futuro sul quale aleggia lo spettro dell’uso della forza e della violenza. Tutto sommato però sono ottimista, quando decine di migliaia di persone hanno il coraggio di frapporsi fra le ruspe e la loro terra, come nel 2005, qualsiasi lobby non ha altra strada che non sia quella di ritirarsi in monastico silenzio.

Fonte: Rinascita

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