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venerdì 30 marzo 2012

Scorporo Snam-Eni, così finisce la sovranità italiana

Il governo ha varato la misura auspicata dalle majors atlantiche.
Poi si svenderanno le quote pubbliche di Eni ed Enel ...


Gli integralisti liberisti presenti in Parlamento già pregustano lo scorporo della Snam dall’Eni e la nascita di una società indipendente che gestisca la rete di distribuzione del gas e che offra uguali possibilità di accesso a tutti gli operatori del settore. Un traguardo che le compagnie petrolifere statunitensi, inglesi, anglo-olandesi e francesi sognano da tempo per indebolire il gruppo fondato da Enrico Mattei che con la sua impronta anti colonialista aveva dato tanto fastidio alle Sette Sorelle e agli interessi anglofoni. Una realtà che oggi si sta ripetendo puntualmente dopo i rapporti preferenziali stabiliti dall’Eni e da Berlusconi con la Gazprom e con Putin e dopo quelli ormai dissolti con la Libia di Gheddafi e l’ingresso della Russia in Libia. Quella che era stata la motivazione reale della guerra contro il Rais poi eliminato.

La decisione del governo Monti di procedere alla separazione della Snam dall’Eni era scontata. Poi seguirà la vendita del 30% dell’Eni controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti e quindi dal Tesoro, dopo di che l’Italia non avrà più una politica estera autonoma e si vedrà costretta ad andare a rimorchio degli atlantici. La svolta, perché di svolta si tratta, ha rallegrato non poco i liberisti nostrani. Il deputato Linda Lanzillotta, esponente della rutelliana Alleanza per l’Italia, ha intimato che la separazione proprietaria di Snam da Eni dovrà essere completata entro la fine della legislatura. Intervenendo nella discussione generale alla Camera sul decreto legge per le liberalizzazioni,il deputato ha affermato che la politica della concorrenza dovrà ispirare la politica economica dei prossimi anni e rappresentare una leva fondamentale per la crescita, per il lavoro dei giovani e per la mobilità sociale. In tutti i settori strategici, come energia e trasporti, ha concluso, ci vogliono, autorità di controllo e di indirizzo forti, autorevoli e indipendenti. Affermazioni che, se tanto ci dà tanto, vanno intese nel senso che tali autorità dovranno essere sensibili non più all’indirizzo dato dalla politica ma a quelle dei grandi gruppi esteri. Quelli che con un termine abusato rappresentano il cosiddetto Mercato.
Ma che fare di questa Snam? Qualcuno ha suggerito di creare un’unica società di gestione delle rete energetiche attraverso una fusione con la Terna, la società che gestisce appunto la rete di distribuzione dell’energia elettrica e che è nata da un analogo scorporo dall’Enel che è stato imposto dalla finanza anglofona proprio per impedire l’altro colosso italiano dell’energia.

Oggi il 31% circa dell’Enel è ancora in mano pubblica e i soliti liberisti d’accatto vorrebbero metterlo in vendita con la scusa che una ulteriore privatizzazione servirebbe a fare cassa e ridurre il debito pubblico. In realtà anche per l’Enel vale il discorso geopolitico fatto per l’Eni. Pure l’Enel infatti negli ultimi anni ha dimostrato un iper attivismo sul piano estero, entrando in forze sul mercato spagnolo, su quello russo e su quello libico. Tutte svolte che non potevano essere molto gradite a Washington e Londra che sul piano mediatico hanno subito attivato un fuoco di sbarramento muovendo i soliti fautori del Libero Mercato, degni eredi dei democristiani di destra e dei liberali alla Montanelli che a cavallo degli anni 50 e 60 sparavano a zero su Enrico Mattei con la scusa ridicola che il petrolio puzzava di tangenti.

Indebolire e perdere in questa fase storica due imprese pubbliche che garantiscono l’approvvigionamento energetico del nostro Paese non è soltanto stupido ma è criminale perché va contro i nostri interessi nazionali, in quanto l’approdo di questa operazione sarebbe la trasformazione dei due gruppi in filiali di concorrenti esteri come potrebbe essere la Exxon. Tanto più che i venti di guerra contro l’Iran o il semplice blocco delle forniture da parte di Teheran fanno presagire che ci sarà un aumento esponenziale dei prezzi del petrolio che il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha quantificato in un 30%. In tale ottica disporre di due società giuridicamente e operativamente “italiane” servirebbe a muoversi in maniera molto più elastica ed autonoma sullo scacchiere internazionale.


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