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domenica 22 luglio 2012

Il “fiscal compact” uccide la sovranità nazionale

Lasciano sgomenti le grida di gioia degli ultras “euromaniaci”: manovre lacrime e sangue per i prossimi vent’anni
Fa davvero male leggere sulle agenzie di stampa le dichiarazioni euforiche di chi si compiace per l’approvazione del cosiddetto “fiscal compact”.
Una danza macabra intorno ad una nuova legge che rischia di diventare epitaffio sulla lapide dalla Repubblica.

Il trattato sulla politica di bilancio costringerà l’Italia ad una lunga serie di manovre “lacrime e sangue”. Vorremmo tanto sapere da certi “figuri” di Pd e Pdl il motivo di cotanta felicità.
Di fatto è stata data una spallata definitiva alla sovranità popolare. I Governi non saranno più in grado di delineare una politica economica non in sintonia con il mantra liberista. Tutto dovrà essere ispirato a politiche di contenimento della spesa e austerità. Tradotto: tagli continui allo stato sociale e – almeno per il caso italiano – nuovo aumento della tassazione. L’articolato entrerà in vigore il 1 gennaio 2013 per tutti i Paesi che l’avranno ratificato, se in quel momento ve ne saranno almeno 12 che siano membri dell’Eurozona, o anche in anticipo se questa condizione sarà rispettata prima di quella data. Entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, il fiscal compact dovrebbe essere incorporato nell’ordinamento giuridico dell’Ue.

Ci piacerebbe sapere dai deputati “europeisti” da dove saranno prelevati i 45 miliardi della prossima manovra finanziaria. La prima di una lunga serie. Se non si verificherà un forte aumento del prodotto interno lordo non ci saranno alternative. Il taglio lineare ed il prelievo su stipendi e pensioni rimarranno le uniche alternative percorribili. Nessuno degli Stati Ue potrà intervenire direttamente sulle dinamiche di mercato.

Con buona pace di studiosi e premi Nobel schierati a sostegno di una “exit strategy” dal profilo neokeynesiano. Colpisce poi il silenzio assordante degli osservatori e degli opinionisti. Tutti sembrano essere convinti della bontà di questa riforma. Come nel caso dell’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione non c’è stata traccia di un serio dibattito sulla vicenda. Meglio parlare d’altro piuttosto che informare seriamente i propri concittadini. Ci sarà però qualche costituzionalista “eretico” in grado di scorgere una patente contraddizione tra i nuovi vincoli di bilancio ed i principi fondamentali della Carta. Da oggi la sovranità popolare non si dovrà confrontare solo con “i limiti e le forme” previsti dal nostro ordinamento. A mettere un freno al volere delle Camere ci penseranno le Autorità economiche comunitarie. Le tecnocrazie di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte. Entità non certo in sintonia con le varie declinazioni dei principi democratici. Le nuove norme prevedono – ovviamente – anche della sanzioni. Il documento fa proprio il meccanismo semiautomatico per le sanzioni e aggiunge una sorta di “obbligo morale” per gli Stati dell’Eurozona, che “si impegnano a sostenere le proposte o le raccomandazioni presentate dalla Commissione europea”. Ci sarà davvero poco margine di manovra per chi oserà disattendere vincoli e direttive comunitarie. La finanza – per l’ennesima volta – ha vinto sulle giuste rivendicazioni dei popoli. Nessuno sembra preoccuparsi di questo fatto. I complici della speculazione internazionale sono gli stessi che si strappano le vesti assumendo di essere difensori dei “diritti fondamentali” e dell’uguaglianza. Un teatrino ormai privo di ogni significato. I fedelissimi dei diktat liberista sembrano non aver ancora compreso le proprie colpe. La finanza non è più un mezzo ed è diventata il fine.

Il board della Banca centrale europea vale più di qualsiasi parlamento eletto dal popolo. I cittadini devono limitarsi a creare reddito per far aumentare gli zeri ai ricavi dei grandi gruppi bancari. Non resta che ricordarci di quel contadino che esclamo: “Ci sarà pure un giudice a Berlino!”.
La Corte costituzionale tedesca potrebbe infatti ritenere una indebita ingerenza il meccanismo previsto dal cosiddetto “fondo salvastati”. Una decisione in grado di scombinare i piani di chi lucra sulle sorti del Vecchio Continente.

Qualche decisione potrebbe arrivare anche dalla Corte di giustizia europea, deliberatamente aggirata durante l’istruttoria del fiscal compact. Comunque vadano le cose possiamo considerare archiviata l’Europa dei popoli.

L’Ue è diventata una organizzazione basata sul mero monetarismo. Chi fa finta di non capirlo ha scelto di esserne complice.

di Matteo Mascia

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