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lunedì 19 novembre 2012

La situazione in Portogallo (e in prospettiva dell'intera europa n.d.r.) vista dall’interno

E' sempre la stessa storia e potrebbe anche risultare noiosa per chi ha già ben chiara la situazione, ma quest'articolo andrebbe fatto leggere a chi ancora crede nell'europa, nell'auterity e nei golpisti che ci governano, giusto per fargli capire dov'è che stiamo andando ...

Austerity -> Povertà -> Svendita pratrimonio Statale



Il Portogallo, con Grecia e Irlanda, é uno dei Paesi che ha richiesto l’intervento del Fondo Salva-Stati dell’Unione Europea.

A dire il vero, di “salvamento” se n’é visto poco: in Grecia, per esempio, la situazione é notevolmente peggiorata dall’arrivo della pattuglia FMI-BCE-Banca Mundiale. Le banche sono state salvate, questo é vero: ed é stato evitato il default, il fallimento dello Stato. Anche questo é vero. Ma tutto il resto? Perché la Grecia é molto piú di semplici bilanci.

Diamo un’occhiata al Portogallo.

Lisbona ha richiesto l’intervento della cosí chiamata “troika” (i cui componenti sono gli stessi del caso-Grecia) nel corso del 2010. Piú o meno nello stesso periodo le elezioni legislative sono state vinte da una maggioranza formata da PSD (socialdemocratici) e CDS-PP (Destra). Il nuovo Primo Ministro ha quindi promesso che avrebbe seguito il programma della troika affinché il Paese potesse uscire dalla difficile situazione nel giro di uno o due anni. E per “uscire dalla difficile situazione” si deve intendere il ritorno sui mercati, dove i Titoli di Stato portoghesi non erano piú disponibili a causa degli stratosferici tassi di interesse richiesti dagli investitori.

Tutto ció, naturalmente, implicava sacrifici e i Portoghesi ne erano coscienti. Ma non erano preparati a ció che stava per arrivare.

Il governo ha quindi presentato il piano (che é in realtá appartiene alla troika), fra i cui punti possiamo ricordare:

- Soppressione di tredicesima e quattordicesima per tutti i dipendenti pubblici i cui stipendi superavano i 1.000 Euro.

- 5% di taglio allo stipendio degli stessi dipendenti con una retribuzione superiore a 1.500 Euro.

- Allargamento dell’orario di lavoro nel settore privato per i prossimi due anni, a discrezione del datore di lavoro.

- Taglio fra 25 e 50% per le ore di lavoro straordinario.

- Taglio di 50% per i lavoratori in “mobilidade especial”, una specie di cassa integrazione.

- Soppressione di alcuni giorni festivi nazionali.

- Soppressione di tredicesima e quattordicesima per i pensionati del settore pubblico.

- IVA al 23% per numerosi prodotti, fra cui molti alimentari che anteriormente erano tassati al 6 o 13%.

- Tagli ai finanziamenti nei settori della Salute, dell’Educazione, della Previdenza Sociale, delle amministrazioni locali.

- 10% di aumento nel prezzo dei trasporti pubblici.

- Aumenti di gas, luce e acqua.

Questi i punti principali del bilancio statale 2012.

Quali i risultati? Principalmente due: drastica diminuzione del consumo privato e economia in recessione.

Nello scorso mese di Luglio, lo stesso governo si é detto sorpreso per la diminuzione delle entrate fiscali. Infatti, in questo strano Paese, sembra che quando si diminuiscono gli stipendi le persone comprino meno.

Ma ció che importa é evidenziare che gli obiettivi tracciati dalla troika (e conseguentemente dal governo) sono stati mancati: perché se é vero che le spese dello Stato sono diminuite, é anche vero che il PIL é calato (l’economia é in coma): pertanto il rapporto debito/PIL é rimasto sostanzialmente lo stesso.

Con tali risultati, quale la scelta del governo? Semplice: piú austeritá. Visto che non ha funzionato una volta, perché non dovrebbe deludere anche una seconda?

Il bilancio statale 2013 scommette per l’80 % sulle entrate per risanare il Paese. Per questo, il governo ha rivisto le aliquote della tasssazione sui redditi. E, naturalmente, tutti il prossimo anno pagheranno di piú.

Nel mezzo (lo scorso Settembre), c’era anche stato un tentativo di tagliare 7% di tutti gli stipendi (pubblici e privati) e diminuire le imposte delle imprese. In pratica, una trasferenza di denaro dai lavoratori alle imprese. Mas 600 mila persone nelle strade e addirittura la bocciatura degli impenditori (che i conti li fanno e sanno bene che se i cittadini non spendono l’economia chiude una volta per tutte) hanno obbligato il governo a fare marcia indietro. Naturalmente un collaboratore del primo ministro ha definito como “ignoranti” gli imprenditori, ma questi sono dettagli.

Nel frattempo, il governo continua a ricevere gli ordini della troika con lo scopo di “ridisegnare” il Portogallo. Fra le misure considerate, ma non ancora ufficializzate, la vendita di tutte le emittenti televisive statali (ma é possibile un ripensamento), la concessione ai privati del partimonio naturale statale (boschi, foreste, riserve), piú altre misure che non sono ancora state rivelate tanto per non rovinare l’effetto sorpresa. La sostanza é che quello che avrebbe dovuto essere un periodo di assestamento (“tutto bene, qualche sacrifico ma dopo tutto sará migliore”) é stato trasformato in un incubo del quale non si vede la fine: adesso anche il governo non parla piú del 2013 come “punto di svolta” (nel 2011 il punto era il 2012…) ma avanza com timidi 2014 oppure 2015. Date alle quali non crede piú nessuno, soprattutto senza un cambio di rotta politico-economica.

Uno Stato in crisi che necessita di denaro, si potrebbe pensare. Senza dubbio. Tuttavia i conti non tornano. Perché se il governo desiderasse realmente aumentare le entrate dello stato per risanare i conti pubblici non venderebbe le imprese pubbliche che generano profitti. Un caso fra i molti: la TAP, la compagni aerea nazionale. Ma non possiamo dimenticare la REN (energia elettica), la Galp (di cui l’ENI detiene una quota), la Portugal Telecom (comunicazioni), la EDP (nuovamente eletricitá). Queste sono imprese in buona salute, che alla fine dell’anno apportano utili alle casse dello Stato e la cui vendita evidenzia il vero fine del programma troika-governo portoghese: la privatizzazione.

Con il mantra “Stato piú leggero” si svende tutto, compresi anche alcuni settori della Salute.

Certo, poi capita che le piazze si riempano di 600 mila dimostranti convocati non dai partiti o dai sindacati ma da un semplice appelo via internet. Oppure che le forze armate siano ogni volta piú inquiete, con tanto di cappellano militare che afferma che “l’esercito non rimarrá ad assistere alla distruzione del Paese”. E che le statistiche ufficiali parlino di una disoccupazione al 16% (ma il dato reale é superiore) e in costante crescita.

Ma sono rischi previsti, giá calcolati. Ed il gioco vale la candela: in palio c’é la distruzione di uno Stato e la svendita delle sue rovine.

di Massimo De Maria
Tratto da: http://www.stampalibera.com/?p=55781

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